Lettera. Titti, Caterina, Pietro per il Casale Podere Rosa

Ringraziamo tanto per questa lettera che esprime affetto per un luogo che nel quartiere si è radicato nel tempo, ha saputo evolversi, cambiare, ma rimanere ‘fedele’ e coerente ai principi e allo spirito con il quale è inziato. Grazie a Titti, Caterina, Pietro!

“Alla cortese attenzione del Sindaco di Roma
e del Presidente del IV Municipio
Cos’è per me il Casale Podere Rosa
Il Casale è per me il posto delle fragole, una capanna sull’albero dove posso riscoprire le cose importanti della vita, i tesori veri: dove ritrovo la condivisione e la socialità.
Quando varco il cancello che apre al giardino del Casale lascio fuori la frenesia e la concitazione della vita quotidiana, ed entro in un posto incantato: il tempo si dilata, i ritmi rallentano i movimenti diventano quieti e pacati. C’è tempo da dedicare a me.
Al Casale trovo sempre qualcuno con cui fare due chiacchiere, scambiare opinioni, chiarire dubbi, discutere su problemi politici o sociali, condividere momenti di vita, brevi ma importanti perché hanno l’importanza delle cose rare.
Porto sempre i miei figli al casale perché vorrei che diventasse anche per loro un posto importante, in cui trovare una dimensione autentica, in cui scoprire la bellezza della lentezza, del fermarsi ad assaporare le cose semplici e i piccoli momenti, un’oasi, un rifugio dalle leggi del mercato, in cui si esiste non come persona ma solo in quanto consumatore.
Qui si esiste in quanto persona, si può venire a leggere, a studiare, a guardare un vecchio film, a partecipare ad attività stimolanti, come lo yoga o a imparare cose interessanti, come al corso di panificazione naturale o a quello sulla produzione di cosmetici naturali.
Ma qui ci puoi stare solo per stare: quando arrivi ti senti come a casa di una vecchia zia, si può accendere il camino, ascoltare buona musica, mangiare mandarini e bere infusi. Ti senti accolto e coccolato dagli ambienti e dalle persone. Se finisci la tua tisana, nessuno ti chiede di fare altri ordini per poter continuare a stare seduti.
Il sabato mattina poi, diventa una piccola agorà, un luogo di ritrovo dove puoi venire a ritirare il cibo biologico del Gruppo di acquisto, arrivato direttamente dai produttori, produttori scelti insieme, sulla base dei metodi di produzione, ma anche dell’eticità del trattamento dei loro dipendenti.
Ma qui non trovi solo le cose, trovi anche le persone, quelle che ti guardano in viso e ti salutano sorridendo, che si fermano per chiederti come stai e per fare due chiacchiere. C’è anche la torta di Renato: ogni venerdì prova una nuova ricetta e il sabato mattina la porta al Casale per farla assaggiare.
Poi la Bioosteria: Sali le scale e ti assalgono odori antichi, ti senti accolto e rassicurato, coccolato dagli odori e dai sapori.
Ricordo la cena solidale per raccogliere fondi per un ragazzo africano malato di leucemia, che aveva bisogno di far arrivare i parenti dall’Africa per sperare in un trapianto di midollo: tutti abbiamo partecipato al successo di quella cena, ognuno secondo quello che sapeva e poteva fare.
Dopo la cena abbiamo letto le sue poesie…. un momento che mi ha fatto riscoprire la bellezza di ritrovarsi come gruppo, non come singoli individui.
Questo è il Casale, per noi e per molte persone. Togliere questi residui di vita sociale vuol dire cancellare un lumino nel buio, cancellare definitivamente la possibilità che questa società inverta il cammino, che dirotti dal percorso autodistruttivo che ha intrapreso e ritrovi un sentiero fatto di cose veramente importanti e relazioni veramente umane.
Titti, Caterina e Pietro”
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