Un bell’articolo di Marica Spagnesi pubblicato oggi su un interessante media Il Cambiamento – Dal Virtuale al Reale “punto di riferimento imperdibile per chi ha deciso di mettersi in movimento”. Oltre a descrivere sinteticamente ma in maniera esauriente la vicenda dello sfratto al Casale, comune a tante realtà sociali romane, ci sono brevi interviste con testimonianze di Monica, Sara, Silvia, Emanuela, Laura, Irene, Loredana, Valerio, Francesca. Buona lettura!
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Podere Rosa, arriva lo sfratto e Roma rischia di perdere uno dei luoghi più vivi
di Marìca Spagnesi 28-12-2016
Lo sfratto è arrivato il 6 dicembre scorso e lo spazio di socializzazione Podere Rosa ora rischia la chiusura. Roma potrebbe perdere un luogo vivo e ricco di attività, dove giovani, cittadini e un intero quartiere trovano respiro e proposte. Aiutiamo Podere Rosa!
La Determinazione Dirigenziale di riacquisizione dell’immobile (cioè lo sfratto) arriva al Casale il 6 dicembre scorso e da un momento all’altro il Podere Rosa potrebbe essere chiuso, negando ai quartieri che gravitano intorno alla struttura uno spazio di socializzazione, di cultura e di aggregazione sana dove si promuove uno stile di vita diverso e sostenibile che esiste, con le sue innumerevoli attività, da 23 anni sul territorio.
Spazi come il Casale Podere Rosa promuovono relazioni basate sul dono, sull’aiuto reciproco, sulla collaborazione e la condivisione. Al Casale è ormai un’istituzione vera e propria il mercato biologico a prezzi sostenibili per tutti, organizzato da piccole aziende agricole certificate e controllate. La biosteria, il cinema, le attività per i ragazzi, i concerti, gli incontri culturali e la biblioteca sono realtà vissute dai cittadini del quartiere ma non solo.
Avevamo incontrato il gruppo ad aprile scorso e sembrava che, seppur tra le tante difficoltà, ci fosse una volontà da parte del comune di trovare un accordo affinché il centro restasse aperto e continuasse a svolgere le sue attività.
“Durante il governo del commissario Tronca, dopo la fine precoce della giunta Marino, il commissario inviò le lettere bonarie di rilascio dell’immobile agli 860 spazi che hanno immobili in concessione a canone sociale a Roma. Tra questi ci sono centri sociali, polisportive, associazioni culturali. Attraverso i suoi dirigenti fece una sorta di chiamata all’ordine. Si è pensato, cioè, di sgomberare tutti e poi riassegnare i posti attraverso dei bandi. So per certo, però, che esistono spazi sgomberati che sono rimasti vuoti. Adesso sono arrivate le ingiunzioni di sfratto ma sembra che stiano avvenendo soprattutto verso quei centri che fanno attività sociali come le nostre, come se ci fosse un volere politico”, ci dice Francesca Cau, una dei volontari e fondatori del Casale.
“Le persone che frequentano il centro” continua Francesca, “non sono, però, rimaste in silenzio e ci siamo riuniti cercando di capire l’anima del Podere Rosa: anziani, studenti, famiglie con bambini, giovani coppie ci hanno dato un contributo facendo proposte per i vari tipi di intervento che si possono fare. Abbiamo deciso di scrivere una lettera da inviare agli assessorati competenti chiedendo alle persone del quartiere di sostenerci in questa prima raccolta di firme che chiede un incontro al Comune. Ne abbiamo raccolte molte e abbiamo fissato un altro appuntamento nei prossimi giorni”.
Ora il Casale Podere Rosa si prepara a presentare il ricorso al TAR a metà gennaio ma nel frattempo potrebbe esser sottoposto a requisizione e sigilli. Si chiede uno sgombero di urgenza per il governo del territorio ma “non è chiaro quali siano i progetti che il comune vuole realizzare considerato che ci sono immobili vuoti e disponibili nel territorio circostante. A noi sembra un attacco diretto al Podere Rosa. Vorremmo che ce ne spiegassero il perché. Noi abbiamo sempre pagato il canone e siamo in regola”, sottolinea Francesca.
Ma che cosa significherebbe la chiusura del Casale Podere Rosa? E’ un centro sociale transgenerazionale, tra i più longevi a Roma ed è radicato ormai nel quartiere, un punto di riferimento fondamentale per molte persone. Non ci saranno soltanto effetti per chi usufruisce dei servizi offerti dalla struttura ma anche ricadute negative economiche per chi ci lavora. Le piccole aziende sostenute dal Casale, per esempio, non potrebbero più contare sul mercato biologico del sabato. Si tratta di 20 piccole realtà che rappresentano un altro modo di fare economia. Ci sono poi le persone che negli anni hanno investito i loro soldi e le loro energie intorno al presidio e che si ritroverebbero senza più niente.
Per il quartiere sarebbe una perdita molto grave come ci dice Monica, l’insegnante che colgo nel laboratorio di composizione floreale in questo sabato di dicembre: “trovo che sia scandaloso che un posto come questo che permette alla gente del quartiere di socializzare, incontrarsi, partecipare ad attività culturali, venga chiuso. E’ un posto che regolarmente paga l’affitto e con le licenze in regola per quanto riguarda la sicurezza. Gli effetti della chiusura si avrebbero su tutti i cittadini che considerano il Podere Rosa un punto di incontro importante. Ci sono bambini, anziani, coppie, immigrati che frequentano corsi per imparare un mestiere, studenti. Tutti ne sarebbero danneggiati”.
Emanuela, che frequenta il centro fin dall’inizio, ci dice che “tantissimi soldi sono stati investiti in questi anni da parte delle persone che si sono prese cura del Podere. I cittadini fanno corsi e usufruiscono di servizi a prezzi popolari. Se si tratta di chiudere un luogo come questo per restituirlo ai cittadini non ha senso. Noi siamo cittadini e siamo già qui. Perché togliercelo? Sarebbe bello che il comune di Roma venisse davvero a vedere che cosa facciamo in questo posto e parlasse con noi per trovare insieme una soluzione”.
Irene e Loredana mentre sistemano fiori e foglie mi dicono che l’atmosfera di preoccupazione e incredulità si percepisce nell’aria quando si entra al Casale e si fanno due chiacchiere al bar o si parla con gli studenti.
Lascio la saletta cinema dove si tiene il corso mentre si continua a parlare, lavorare, mettere insieme sensazioni e interrogativi. I bambini corrono intorno al tavolo, c’è un’atmosfera di casa, di calore, di tranquillità e di condivisione.
All’ingresso, a giocare col suo nipotino nello spazio bimbi c’è Laura, 34 anni, bibliotecaria precaria, che viene al Podere Rosa per frequentare i corsi di autoproduzione: “Luoghi come questo svolgono un ruolo fondamentale per i cittadini e la loro chiusura è una perdita enorme per il quartiere. Il Podere rosa è un luogo di formazione, incontro e condivisione. Secondo me, chi decide di mettere i sigilli a luoghi di aggregazione come questo, non conosce queste realtà da vicino”.
In biblioteca, al piano di sopra, incontro Valerio, 23 anni, studente di economia: “E’ un peccato volerlo chiudere. E’ un posto speciale, io ci vengo a studiare ed è un posto utilissimo. Posso venire anche di sabato, servizio che pochissime biblioteche offrono. Sembra che si stia cercando di smantellare luoghi simili al Podere Rosa ed è un peccato che invece non vengano incoraggiate e premiate esperienze come queste”.
Silvia, 26 anni, studia scienze politiche: “Ci vengo per studiare. E’ silenzioso e tranquillo. Stanno mettendo le mani anche su altri centri simili. Trovo molto sgradevole e ingiusto che succeda questo. Qui è come essere a casa”.
Sara, laureata da poco in biologia, viene al centro per preparare il suo lavoro: “Vengo da Settecamini e quindi non sono del quartiere ma vicino a casa mia non ci sono posti del genere. Sono costretta a spostarmi per trovare un centro così. La chiusura del Podere Rosa significherebbe una sconfitta per il diritto alla cultura. E’ già accaduto per la biblioteca Giovenale e ci siamo sentiti inermi quando ce ne siamo dovuti andare. Se si deve chiudere un posto bisognerebbe giustificarlo e specificare ai cittadini quali altri progetti verranno realizzati al suo posto”.
Al momento al Casale si respira un’aria di incredulità, di sospensione, di attesa. Fa uno strano effetto di contrasto con l’atmosfera di accoglienza e calore che si sente sempre quando si varca il cancelletto sulla strada che dà sul giardino che circonda la struttura. Questo è molto più di un centro sociale o culturale. Questa è una casa. Una casa in cui, fino ad oggi, tutti possono entrare, tutti vengono accolti e sono benvenuti. Un presidio e un punto di riferimento per i quartieri intorno e per tutti i cittadini che credono che, cominciando dai piccoli comportamenti e pratiche di ogni giorno: da un altro modo di acquistare a un altro modo di informarsi, di condividere e di costruire relazioni, sia possibile costruire un mondo diverso e migliore.