Inquinamento urbano

Claude Monet [Public domain or Public domain], via Wikimedia Commons
Inquinamento urbano
Notizie locali e globali 10/02/2018 a cura di Stefano Petrella
(Centro di Cultura Ecologica del Casale Podere Rosa)

Roma, dice il Campidoglio, sul fronte inquinamento non sta messa poi tanto male. Perché? Perché la “Legge” (D.Lgs. 155/2010) ammette 35 giorni all’anno di sforamento dei valori soglia per le polveri sottili, e Roma nel 2017 ha sforato solo 26 volte. Ma come interpretare questa rassicurante situazione? In maniera … poco rassicurante! I limiti soglia sono, sempre secondo la “Legge” e limitandoci agli inquinanti più “popolari”, PM10 = 50 μg/m3, PM2,5 = 25 μg/m3 e NO2 = 40 μg/m3 (un μg è un milionesimo di grammo). Ma chi glie l’ha detto alla “Legge” che questi valori sono una soglia che se uno non la oltrepassa va tutto bene? E perché 36 giorni di sforamento all’anno fanno male e 26 no? Perché la “Legge” deve stabilire le norme secondo le quali i paesi funzionano, le merci girano, le macchine si acquistano e i centri commerciali straripano. Perché “è la merce che ci da il suo ritmo di respirazione” come diceva una canzone sovversiva degli anni ‘70.
La scienza dice un’altra cosa. Dice che anche esposizioni per periodi brevi e a concentrazioni “ammesse” di particolato e ozono possono essere causa di morte prematura (v. www.scientificintegrityinstitute.org/JAMADi122617.pdf). E questo spiega perché, ad esempio, in Italia ogni anno muoiano prima del dovuto 91.000 persone, 66.630 a causa del PM2,5, 21.040 per il bisossido di azoto (NO2) e 3.380 per l’ozono (O3). Certo, sono numeri. Però se pensiamo che in Italia una persona su tre vive in una città molto urbanizzata, questi numeri fanno riflettere sul luogo comune di ritenere che questo sia il migliore dei mondi possibili per il quale è necessario pagare qualche “piccolo” prezzo!
Occorre iniziare a pretendere città diverse, nelle quali la bicicletta e la rotaia siano realmente alternative al trasporto su gomma, nelle quali l’energia solare sia realmente alternativa (e non complementare) a quella fossile, nelle quali la filiera corta alimentare sia realmente alternativa alla grande distribuzione, nelle quali gli spazi urbani di vita, di lavoro, di studio siano ripensati all’insegna della sostenibilità, nelle quali il verde – le “foreste urbane” – siano il vero, grande, sano polmone della città. Città a dimensione umana, non “smart cities” a dimensione di tecnologia avanzata consumistica e intrusiva. Certo tutto ciò avrà un prezzo. Ma perché, 91.000 morti l’anno non sono forse un prezzo, pagato per di più per un mondo in cui si vive male?
Ci piacerebbe che questo spirito fosse concretamente presente in qualche programma elettorale. Staremo a vedere.
Ah, altra cosa: diffidate dalle imitazioni. Chi propone scorciatoie, bara. Chi pensa che la tecnologia “pulita” risolverà i problemi, che un’automobilina elettrica per tutti salverà le città, si sta preparando a cavalcare il business!