Notizie locali e globali 19/09/2017 a cura di Federica Giunta
I Rohingya della Birmania la minoranza più perseguitata del mondo
I Rohingya sono un gruppo etnico di fede musulmana che risiede principalmente nel nord della Birmania (o Myanmar), al confine con il Bangladesh. Non sono considerati uno dei 135 gruppi etnici ufficiali del paese e gli è stata negata la cittadinanza in Myanmar dal 1982, così da renderli apolidi a tutti gli effetti. In Birmania e in Bangladesh sono sistematicamente discriminati e fanno parte degli strati più poveri della popolazione. Dagli anni Settanta, una serie di tensioni nei confronti dei Rohingya nello stato Rakhine hanno costretto centinaia di migliaia di persone a fuggire nei paesi confinanti, come Bangladesh, Malesia, Tailandia e in altri paesi del Sud-Est asiatico. Durante tali attacchi, i rifugiati hanno spesso segnalato stupri, torture, incendi e omicidi da parte delle forze di sicurezza birmane. Dal 2012 a oggi i Rakhine, buddisti, hanno incendiato interi villaggi e ucciso migliaia di Rohingya. Le autorità birmane sono accusate di non essere intervenute per fermare le violenze, che hanno spinto sempre più Rohingya a scappare. A peggiorare la situazione è intervenuta la politica di respingimento adottata da Thailandia, Malesia e Indonesia. Nello stato del Rakhine vive quasi un milione di Rohingya, su una popolazione di quattro milioni di persone. Molti abitanti non li considerano birmani: li ritengono dei bengalesi musulmani, arrivati con la colonizzazione britannica. Il governo birmano quindi non riconosce loro la cittadinanza, privandoli dei loro diritti fondamentali. Non possono muoversi liberamente nel paese, non possono avere più di due figli né hanno diritto alla proprietà privata. Dall’inizio degli anni Ottanta, quasi un milione di Rohingya sono fuggiti dalla Birmania a causa di una persecuzione diffusa. Il Cancelliere di Stato Aung San Suu Kyi, che è la leader de facto, ha rifiutato di discutere veramente la situazione del Rohingya. Aung San Suu Kyi e il suo governo non riconoscono i Rohingya come un gruppo etnico e hanno accusato la violenza in Rakhine e le conseguenti repressioni militari su quelli che essi chiamano “terroristi”. Ieri Aung San Suu Kyi ha rotto il suo silenzio sulla crisi che coinvolge i Rohingya, fornendo un discorso denunciato da Amnesty International come “un mix di menzogne e di biasimo delle vittime”. Nel suo primo intervento pubblico dopo la sanguinosa repressione militare della minoranza musulmana Rohingya, che è stata denominata “un esempio di testo della pulizia etnica” da parte delle Nazioni Unite, il premiato Nobel non ha criticato l’esercito e ha dichiarato di non temere il controllo internazionale “. Secondo i dati più recenti disponibili dalle Nazioni Unite, negli ultimi 5 anni più di 168.000 Rohingya sono fuggiti dalla Birmania. A seguito della violenza che è scoppiata l’anno scorso, secondo l’Organizzazione internazionale per la migrazione, più di 87.000 Rohingya sono fuggiti in Bangladesh dall’ottobre 2016 al luglio 2017.
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